Fine Art ossia belle arti. Sebbene agli esordi della sua storia la fotografia non fosse considerata arte, durante la sua evoluzione ha assunto gradualmente questo attributo. Naturalmente la fotografia necessita di un supporto per essere vista e apprezzata: lo scatto e la stampa sono legati in modo stretto.

È chiaro che la qualità della stampa influisce in modo importante sulle sensazioni visive prodotte dalla foto; mentre la stampa industriale offre grandi quantità a prezzi contenuti, il mondo dell’arte, assieme a quello dell’editoria e dei musei o dei collezionisti, richiede alta qualità.

Il termine Fine Art include oggi anche la fotografia e numerosi sono i musei che ospitano collezioni pubbliche e private.
Per ciò che riguarda specificamente la storia del fine art, c’è da dire che nella sua evoluzione la fotografia ha vissuto l’introduzione di numerose innovazioni tecnologiche, a partire dal colore fino al digitale.

E anche le tecniche di stampa fotografica si sono evolute nel corso del tempo: il getto d’inchiostro per esempio è una tecnologia relativamente recente (1984) ma l’utilizzo dell’inkjet per la stampa fotografica lo è ancor di più.

Questo passaggio si fa risalire solo alla fine degli anni ottanta, quando l’azienda americana Iris ha presentato al mercato delle stampanti per prove colore. Con le stampanti Iris si ottenevano delle stampe particolarmente apprezzabili perché furono le prime a operare in continuo ad alta pressione, spinte da un cristallo piezoelettrico per produrre gocce a 1 MHz.

Per quanto riguardai il Fine Art Giclée, si narra che un cantante statunitense appassionato di fotografia, Graham Nash, iniziò a sperimentare la stampa della fotografia a getto d’inchiostro usando le foto dei concerti, un computer Apple e proprio una stampante Iris.

Al tempo, Nash incontrò i problemi che sono propri di chiunque si cimenti a stampare le proprie foto a getto d’inchiostro e cioè la scarsa corrispondenza tra quanto si vede a video e quanto viene stampato, non solo in termini di precisione dell’immagine stampata ma soprattutto di corrispondenza dei colori.

L’hardware della Iris Graphics 3047 da oltre 120mila dollari usata da Nash era stato dal lui modificato opportunamente per ottenere le migliori possibilità artistiche. Ma la Iris era una stampante che utilizzava inchiostri “Dye Based” che sono particolarmente sensibili all’umidità e alla luce e la durata della stampa senza scolorimenti era breve; permetteva la stampa in grande formato. Oggi per “grande formato s’intende la stampa su fogli larghi 44”, 112cm circa.

Per ultimo qualche considerazione sulla parola Giclée. Essa è stata aggiunta alla locuzione Fine Art ed è un neologismo: indica semplicemente che si tratta di una stampa a getto d’inchiostro. “Gicleur” significa testina in francese mentre il verbo “gicler” significa letteralmente “spruzzare”.

DIFFERENZE TRA FINE ART GICLÉE E ALTRE STAMPE

La stampa Fine Art Giclée è completamente digitale: l’immagine è composta da bit, perché ottenuta con macchine fotografiche digitali o perché acquisita con lo scanner; la lavorazione è spesso eseguita con software di fotoritocco e la stampa avviene con stampanti collegate al computer. Un processo simile a quello possibile a casa con la propria ink-jet da ufficio.

Ci sono in realtà degli altri elementi che concorrono alla stampa del Fine Art Giclée per l’ottenimento di effetti assolutamente straordinari per colore e precisione, su cui l’artista può agire per concretizzare l’idea elaborata dal suo spirito creativo. Questi sono relativi al file, alla stampante, al software che gestisce la stampante, agli inchiostri usati, ai supporti utilizzati (carte o tele) e capacità di gestione del colore.