Abbazia Santa Maria in Silvis
piazza Castello, Sesto al Reghena (PN)
dal 24 settembre al 29 ottobre 2023
venerdì, sabato e domenica 10/12 – 15/18
ingresso libero
Inaugurazione domenica 24 settembre ore 17
presentazione a cura di Antonio Ros
CONTRAPPUNTI D’ARCHITETTURA
Qual è il soggetto di queste fotografie di Daniele Indrigo?
In generale: qual è il soggetto in ogni fotografia, allora, ci verrebbe da chiedere.
Non basta definire l’atto fotografico come la certificazione di qualcosa che “è stato”, ma bisogna considerare la sovranità assoluta del soggetto osservatore sull’immagine osservata; ne consegue che il paradigma “ciò è stato” andrebbe rivisto con “io sono stato” o meglio “io (soggetto) ho visto/fotografato (predicato) ciò (complemento)”. L’immagine che vediamo dentro a una fotografia, perciò, non è il soggetto, ma il complemento; Daniele Indrigo è il soggetto di queste immagini. Io, Daniele Indrigo, sono stato lì e ho visto ciò: perché ciò parla di me.
Il ciò sono le architetture di grandi cattedrali gotiche che hanno esaltato la ripresa culturale e figurativa seguita alla crisi altomedievale; il Gotico Internazionale si esprime con le forme allusive, metaforiche e simboliche, legate tra loro da contrappunti, come li definisce Daniele, profondo conoscitore della musica; nel percorrere le navate di questi edifici monumentali sembra di immergersi nelle atmosfere di un salmo Gregoriano, in cui il ritmo è scandito su un tetragramma ideale dall’incedere. L’autore ci presenta le fotografie in formato rettangolare, coi lati rigorosamente in rapporto 2:3. Questa scelta assume una precisa valenza linguistica: il rapporto 2:3 equivale a un accordo di quinta, C-G, o Do-Sol come usiamo dire, che sono le note portanti in un canto gregoriano.
Persino la scelta di fotografare esclusivamente gli interni di questi luoghi acquista un significato coerente. Capitelli e nervature, i trafori delle grandi finestre istoriate, ci parlano di una Natura Madre rigogliosa in un Universo finito, retto dalle regole della geometria medievale, come nei chiostri dei monasteri benedettini: luoghi segreti, abbondanti di erbe aromatiche e officinali.
Nella fioritura dei capitelli e delle nervature che continuano la verticalità di colonne e rimandano ai palmeti del gotico normanno, ci conducono alla mistica immagine dell’Hortus Conclusus, Eden in terra, teatro della Annunciazione e metaforico della verginità di Maria. E non è casuale che siamo qui, In Sylvis, a parlare ancora della Madre Celeste alla quale questo luogo è dedicato, così come alla Nostra Signora sono dedicate molte di queste cattedrali.
Armonia geometrica e simbolismo sono compresi da Daniele Indrigo, che nel rigore della composizione e nella sapiente trattazione della Luce da misteriosi risultano ora svelati a noi grazie alla sapiente padronanza del bianconero: «il fotografo d’arte è esso stesso un artista» scriveva Ando Gilardi; come Viollet Le-Duc, Daniele Indrigo diventa interprete ed esso stesso artista e, nel farlo, ciò che sembra complesso è portato all’essenziale, ci mostra nulla più di quanto serva alla sua e alla nostra comprensione: Io sono ciò che ho visto.
Antonio Ros